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IL GENIO DEL BELLO…

In un blog cui il fil rouge è la Bellezza, è d’uopo narrare del pensiero venusto di colui che, del “bello”, ne fece credo e ragion di vita: Gabriele D’Annunzio, “il Vate”, “l’Immaginifico” per cui viver l’arte e d’arte significava che fosse la spasmodica e meticolosa ricerca della bellezza e del piacere il fulcro di tutto e – dunque – anche cardine della poetica dannunziana.

D’Annunzio amante e cultore d’ogni Arte, ha vissuto e creato col costante pensiero rivolto al concetto di bellezza in quanto strumento per entrare nelle corde più intime e profonde della società, ideale intorno al quale si formerà la sua figura d’esteta di massimo profilo; egli si concentrò sulla bellezza delle piccole cose, sui dettagli minuziosi: quello dannunziano era un estetismo tutt’altro che superficiale e/o astratto, ma – al contrario – era un’instancabile perpetua ricerca delle infinite sottigliezze del “bello”.

Come il suo alter ego Andrea Sperelli – protagonista de “Il Piacere” – il vate, reputava la parola come la più alta forma di Bellezza volta al puro piacere e, perciò, anch’essa parte di quella suprema bellezza capace di rinfrancare lo spirito se applicata ad ogni campo della vita, appagamento che non si raggiunge solo con la realizzazione della stessa, ma – e soprattutto – nella continua ricerca del bello anche al di fuori del reale: ogni sua opera e poesia è un infinito caleidoscopio di immagini e parole traboccanti d’estasiante Bellezza.

Non sempre apprezzato e capito (tutt’ora n.d.r.) dai più, D’annunzio si erse a difensore della pura ed alta Bellezza che la moderna società di massa (già allora) rischiava di compromettere ed arginare, poiché – per un’esteta – accettare la grigia, banale e moralistica realtà, equivale al privarsi della felicità che solo la ricerca della bellezza può donare.

Painted by Fabrizio Cotogno (Gabriele D’Annunzio)

Ed allora ecco che, in un periodo storico e sociale particolarmente difficile e complicato come quello che stiamo vivendo, raccontare e ricordarci della bellezza che ci circonda ci aiuta ad essere positivi ed a sperare: il culto dannunziano per la somma e irraggiungibile bellezza può renderci la vita “imagnifica e inimitabile” poiché, in fondo, tutto quello che è bello lo è perché soddisfacente ed è soddisfacente perché soddisfa la mente e allora – perché la bellezza sia davvero promessa e preludio indistintamente della felicità di ciascuno – diventiamo, creiamo ed elargiamo arte di bellezza e – soprattutto – impariamo a cercarla e riconoscerla nelle piccole cose per riscoprire il bello nascosto in tutto ciò che ci circonda proprio in quell’ottica dannunziana della Bellezza nella sua accezione più profonda quale riflessione benevola sul significato della propria esistenza, così ch’essa sia una via di elevazione dello spirito e – se è la vita ad imitare l’arte e non viceversa – allora il filo rosso dell’armonia lega indissolubilmente vita, arte ed essere… Shambhala!

 Gli uomini d’intelletto, educato al culto della Bellezza, conservano sempre, anche nelle peggiori depravazioni, una specie di ordine.” (Gabriele D’Annunzio).

“IL SUONO DELLA DOMENICA…”

La Domenica è una musica antica, una canzone diversa per ciascun individuo ma – per tutti – è quel posto di suoni e profumi antichi che ci portiamo nel cuore sempre ed ovunque: la domenica non è un giorno ma un’emozione, un sentimento che, in questi giorni di pandemia, è anche divenuta un simbolo di rinascita: quando ritornerà ad essere domenica?

Se lo è chiesto anche Zucchero nei duri giorni di lockdown della scorsa primavera, e lo ha fatto con una bella e struggente canzone con la quale racconta le domeniche di paese con un tuffo nelle speranze, nei profumi e nei suoni domenicali: atmosfere, incontri e ricorrenze quasi dimenticate, ma che – forse (lo spero fortemente) – questo periodo storico così difficile, ci insegnerà a rivalutare e ritrovare… che suono fa la domenica da voi?

Tu sai di me, io so di te
ma il suono della domenica dov’è…
Al mio paese vedo fiorire il buono,
le botte prese non le hanno rese mai,
al mio paese… che suono fa la domenica da te…

Zucchero – Il Suono Della Domenica (Live Acoustic)

“ESPRIMITI SICCOME TI NUTRI.” (UMBERTO ECO)*

Chi mi segue credo abbia capito che – per me – sia la lingua italiana, sia una certa letteratura e poesia, rientrino nell’ambito della Bellezza universale da conoscere e preservare, perciò mi è impossibile non ricordare che nell’oggi di ottantanove anni fa nasceva un uomo dalla caratura intellettuale inestimabile, la cui fama mondiale rende grande l’italianità oltre confine: Umberto Eco, grande filosofo dal genio linguistico unico, il quale – andatosene nel 2016 – ci ha insegnato che non vi è alcuna supremazia culturale in grado di sciogliere tutti i perché e – persino – quei quesiti che essa stessa suggerisce.

Eco è impossibile da classificare, abile in qualunque disciplina intellettuale esistente, si districava agilmente tra filosofia e semiologia per passare dal giornalismo alla critica, docente nelle più importanti Università italiane, è stato anche saggista e scrittore di best-seller oltre che artefice di nuove istituzioni accademiche.

Da fine filosofo qual era, Umberto Eco sapeva e poteva permettersi di giocare con la cultura senza prendersi mai troppo sul serio, aveva uno stile geniale dallo sfondo “socratico” per cui accompagnava gli interlocutori o lettori ad addivenire una certa verità genuinamente, semplicemente col dialogo, mai precluso a chi non aveva conoscenza, solo assistendoli nel comprenderla autonomamente.

Eco, appassionato di cultura medievale, amava scrivere di mistero e di storie oscure realmente accadute o di leggende dai protagonisti storici realmente vissuti o inventati che rivestiva, tutti, di dibattiti filosofici ma – sempre – con quella sapiente ironia e fantasia che lo han reso unico nello stile e libero da schemi e correnti.

Ed è proprio la libertà di vedere le cose “altrimenti” che ci insegna Umberto Eco: colto a tal punto da ridere del sapere, ci educa all’importanza della cultura come fondamento che ci permette di vedere le cose con distacco, senza prendere nulla troppo seriamente, persino la stessa cultura; Eco resta uno dei più originali e sarcastici osservatori del nostro tempo che della Bellezza diceva: “è bello qualcosa che, se fosse nostro, ci rallegrerebbe, ma che rimane tale anche se appartiene a qualcun altro”.

“È, o è stato, per molti aspetti, un grande uomo. Ma proprio per questo è strano. Sono solo gli uomini piccoli che sembrano normali”. (da “Il Nome della Rosa” di Umberto Eco)

*Il Titolo del Post è la Quarta Regola de “Le 40 regole per scrivere correttamente in italiano”, tratto da “La bustina di Minerva” di Umberto Eco – Bompiani

DONNE E MOTORI…

Senza il Bello da riscontrare, nulla appassionerebbe dato che – tutto quello che è bello lo è perché soddisfacente, ed è soddisfacente perché soddisfa la mente – è imprescindibile il legame tra Bellezza e Motori, ecco che – allora – in un blog sulla Bellezza, è d’obbligo argomentare pure di motori: non a caso, per Enzo Ferrari – creatore della “Rossa” italiana più famosa al mondo – un motore era buono solo se era bello.

Sull’argomento vi è una sorta di legge non scritta, per la quale i motori debbano essere una peculiarità tutta maschilepreconcetto più delle stesse donne che degli uomini – ma che il gentil sesso non fa ancora abbastanza per confutare tale pensiero, se non seccarsene o giustificandone le défaillance con indubbie teorie: è cosa assai nota, l’incompatibilità generale tra donna e meccanica, ciò però, non toglie del tutto la possibile esistenza di qualcuna che – invece – ami i motori e ne riconosca la Bellezza, nonostante il palese conflitto con dinamica e funzionamento o la totale e/o parziale ignoranza su una qualunque argomentazione tecnica sul tema, tuttavia questa, sia pur minima, parte del genere femminile, pare sia vista con diffidenza e sorpresa da quasi tutto il maschio universo e così, appena se ne presenta l’occasione – le suddette Signore, non si esimono di certo dal risponder a tono od a stile arringa difensiva, col malcapitato di turno che ha, malauguratamente, osato obiettare sulla possibilità che i motori possano appassionare una donna.

Ma io me la rido e, anzi, il più delle volte – viste le argomentazioni addotte ed il modo in cui vengono esposte dalla difesa femminile – mi ritrovo d’accordo con lo sventurato del momento, seppur me ne guardo bene dal manifestarlo, onde evitare ulteriori ed inutili dissertazioni a difesa.

Personalmente, ho sempre amato i motori in genere ed adoro guidare, in fondo “l’amore per il bello” si declina in un’infinità di forme tutte diverse sì, ma accomunate dal piacere che dispensano all’anima: mettermi al volante e macinare chilometri, mi rilassa, mi piace e mi fa sentire libera ed appagata, oltre che un po’ maschiaccio se paragono la mia guida con quella (generale) delle altre donne al volante – soprattutto se alle prese con retromarcia e parcheggi (sia in entrata che in uscita) – e, se potessi, guiderei qualunque tipo di veicolo pesante e leggero che sia e, persino, saper pilotare gli aeromobili non mi sarebbe dispiaciuto.

E se la Bellezza è capace di appagare l’animo attraverso i sensi, auto e moto sono – indubbiamente –  oggetti di meritata e degna contemplazione, tant’è che, per Ferrari, fu il Palladio il miglior progettista di motori, perché – anche se non si sarebbe visto – per Enzo Ferrari un motore non avrebbe dovuto essere solo potente ma anche perfetto esteticamente, inoltre – il papà della scuderia di Maranello – era fortemente convinto, che il suono del motore non doveva mai essere un rumore indistinto, ma bensì, un’armonia di suoni.

In fondo le passioni e la Bellezza dell’amore di cui sono espressione, non hanno genere né – tanto meno – sono classificabili e/o catalogabili, eppure non mi meraviglia né mi infastidisce l’idea che, ad un uomo, il pensiero di una donna affascinata dai motori e dalla guida possa farlo sorridere o che – ancor più – gli possa apparire improbabile o che, ancora, pensi non si addica all’esser donna, in fin dei conti siamo diversi e vediamo e pensiamo le cose in maniera differente, è ovvio e normale e non c’è nulla di male, per gli uomini due più due fa sempre quattro, mentre noi, riusciamo a vedere anche risultati inesistenti e ad ipotizzare e convalidare teoremi indimostrabili: abbiamo più fantasia e siamo molto più imprevedibili, ma – in ogni caso – complementari gli uni alle altre e poi, è risaputo che, da che mondo è mondo, esiste un’unica immagine universale, per cui gli uomini associano la Bellezza di donne e motori…

Painting by John Guillemette

Ma, se la Bellezza è ovunque, in ogni piccola cosa ed in qualunque essere vivente, la potenza della Bellezza è anche – e soprattutto – nella disarmonia o la dissonanza di esseri, idee o pensieri che – però – insieme, danno vita all’antico concetto dell’armonia dei contrari, ovvero quel senso di riflessione benevola che invita a scoprire il bello nascosto in tutto ciò che ci circonda, così come vi è Bellezza nel suono di un motore che romba e che sa dell’impagabile profumo di libertà che solo centauri, piloti e viaggiatori amanti ed appassionati di moto e motori riescono ad assaporare, la si può trovare anche in punti di vista  o pensieri o idee differenti… intanto, però – se proprio non si riesce a scorgere l’armonia degli opposti –  basterebbe, forse,  soltanto un po’ d’autoironia, frizzo ed intelligenza… a volte.

“La pista è la mia tela, la mia auto è il mio pennello”. (Graham Hill)

“LA NUDITÀ MI RINFRESCA L’ANIMA…” (ALDA MERINI)

David di Michelangelo

Non si può trattare di Arte e Bellezza senza dare spazio alla più antica forma artistica rappresentativa dell’essere in ogni sua forma e sfumatura, ovvero il Corpo Umano in tutta la sua naturale e pura Bellezza e – quindi – il Nudo Artistico.

Posto che la perfezione non esiste, che l’ideale di Bellezza universalmente ineccepibile come dogma globale è un’illusione e che la vera Bellezza è data dall’unicità di ciascuno, il corpo umano è – da sempre – considerato un’opera d’arte e, quindi, immortalato in ogni sua forma e posa come alta espressione di tutte le emozioni possibili.

Il nudo artistico ha molteplici interpretazioni e significati e perciò – da tempi immemori – è oggetto di raffigurazione in numerosi campi: dallo studio dell’anatomia, alla mitologia, dalla religione alla grande arte dell’antica Grecia, dal Rinascimento sino ai giorni nostri, la rappresentazione artistica del nudo – perfettamente naturale – è stata una costante in tutta la storia dell’arte pittorica, della scultura, della fotografia e del cinema.

Jean Auguste Dominique Ingres “La Grande Odalisque” 1814

Sono stati immortalati nudi guerrieri, atleti, danzatori, artisti, dei, santi, corpi armoniosi e no, ma – in ogni caso – solo la nuda Bellezza avrebbe potuto esprimere rabbia, amore, protesta, emozioni e sensazioni che, altrimenti, sarebbe stato impossibile rappresentare, perché unicamente un corpo nudo è in grado di comunicare l’incomunicabile.

Wilhelm Von Gloeden “Caino” 1900 – Jean Hippolyte Flandrin “Jeune homme nu assis au bord de la mer” 1836

Tuttavia le opere che celebrano la “nuda Bellezza” del corpo umano – spesso – sono suscettibili d’esser interpretate come troppo erotiche da chi ama cavalcare l’onda del negazionismo e/o dell’offesa al (finto) pudore, nonché di coloro che lo ergono a bandiera d’esempi forvianti ed ineducativi, per i tanti finti perbenisti da salotto e da un’ipocrisia morale assai diffusa, per non parlare di una certa ignoranza artistica oltre che di una mancata educazione al Bello in quanto elevazione dello Spirito e dell’Intelletto.

Bruno Di Maio “Straightline” 2017

Eppure in questi ultimi decenni nei quali la volgarità ed i cattivi esempi dilagano e – anzi – sovente diventano modelli culturali e di riferimento senza filtri per giovani e ragazzini, idolatrati da fashion style, brand di moda e (ahimè) case editrici, censurare l’arte è davvero un grossolano errore senza senso, che offende la Nuda Bellezza come completa ed alta forma d’arte e d’armonia.