Archivi tag: Dipinti

Il Sognatore…

Ma intanto l’anima chiede e desidera qualcosa di diverso… invano il sognatore rovista nei suoi vecchi sogni, come fra la cenere, cercandovi una piccola scintilla per soffiarci sopra e riscaldare con il fuoco rinnovato il proprio cuore freddo e far risorgere ciò che prima gli era così caro, che commuoveva la sua anima, che gli faceva ribollire il sangue, da strappargli le lacrime dagli occhi, così ingannandolo meravigliosamente…” (Fëdor Dostoevskij da “Le Notti Bianche”)

Pierre-Narcisse Guérin (Morpheus ed Iris, 1811 – Hermitage Museum)

UNA CANESTRA DI POETICA BELLEZZA…

Larmoniosa Bellezza dell’incontro di luci ed ombre, su tela, come solo Caravaggio sapeva creare, è indiscutibile e, la celeberrima “canestra di frutta”, rappresenta esattamente l’inizio dell’utilizzo fondamentale del contrasto tra luce ed ombra dell’artista che – con quest’opera – consacrerà ad elemento essenziale al pari della figura umana, la Bellezza dei fiori che non saranno più solo e puramente da cornice o decoro, ma incominceranno ad essere – finalmente – soggetti artistici vivi oltre che veicoli di messaggi e significati come lo è – appunto – la Canestra di Frutta di Michelangelo Merisi da Caravaggio.

La Canestra è un’opera del primo Caravaggio, quando – ancora giovane – gli venne commissionata dal Cardinale Federico Borromeo durante un soggiorno nella città di Roma che, poi, donò alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano – insieme a tutte le opere della propria collezione privata – dopo averne fatto costruire l’edificio che la ospita quando divenne Arcivescovo della città meneghina , con l’intento di creare un luogo di cultura, religione, letteratura ed arte per promuovere l’arte della Controriforma pregna di dottrina e sentimento al fine di mantenere stretti i propri fedeli raccontando loro con l’arte, il dramma e le storie degli esseri umani e, quindi, la caducità della vita terrena a favore dell’eterno, assunto profondamente religioso e caro a Borromeo, uomo di chiesa sì, ma anche e soprattutto di cultura ed amante dell’arte.

L’opera di Caravaggio non è – perciò – una “semplice” canestra di frutta, ma, in essa, l’artista racchiude l’allegoria della vita e della morte proprio tramite il contrasto tra la luce, ovvero la vita e l’ombra cioè la morte: l’umanità è pervasa dal peccato e tutto è passeggero, la vita è una breve stagione che il Merisi riassume nel “memento mori” – tema a lui caro – a rammentare che la morte incombe, il tutto magistralmente riassunto in una canestra di frutta dal realismo estremo.

Su di uno sfondo privo di dettagli che ricorda una parete intonacata, Caravaggio, ha posto una canestra di vimini intrecciato colma di frutta di vario genere e posata su di un piano di legno che corre parallelo allo sguardo, ma in bilico al punto da sembrar cadere, vacillante e sospeso come la condizione umana: il cesto instabile simboleggia la Chiesa e la volontà del clero di volersi offrire all’umanità, la frutta integra è simbolo di vita perché cibarsi è una finzione vitale, mentre, il deterioramento della frutta rappresenta la morte, niente è perfetto o “pulito” dalla raffigurazione, ma ogni cosa è dipinta e resa meravigliosamente reale dalle imperfezioni riprodotte con attenzione e meticolosità straordinarie.

La Canestra – dalla poetica Bellezza – è l’equivalenza ineccepibile della vita e del tempo che passano: le mele sono bacate ma lucide e compatte, le foglie sono morsicate dagli insetti, accartocciate e con macchie causate dalle malattie, sull’uva vi è la tipica patina di cera che ricopre gli acini ed i fichi hanno la loro caratteristica buccia vivida e rugosa, la mela al centro ha un buco che intacca la finta perfezione e sta per marcire, le foglie ai lati, bucate od accartocciate, sono ormai senza vita.

E così che, tra le luci e le ombre di una natura mortaCaravaggio – è riuscito ad imprimere, la Bellezza della vita e la forza del tempo che passa e consuma una perfezione soltanto apparente, perché la vera, pura ed alta Bellezza – nel suo significato più intenso ed imperituro – può solo sfiorire, ma non morire.

FERRAGOSTO E LA BELLEZZA DI MARIA

Originariamente il Ferragosto era esclusivamente una festa laica che cadeva il primo di agosto: istituita dall’imperatore Augusto nel 18 a.C., il nome deriva dalla locuzione latina “Feriae Augusti” ossia il “riposo di Augusto” e rientrava in una serie di festività già vigenti nel medesimo mese – chiamate Augustali – e con le quali si usava celebrare la fine dei lavori agricoli, per consentire un adeguato periodo di riposo ai lavoratori che si erano duramente sfiancati nelle settimane precedenti.

Successivamente i festeggiamenti del Ferragosto furono spostati a metà del mese perché la Chiesa cattolica decise di far ricadere la festa laica con la ricorrenza religiosa dell’Assunzione di Maria: un dogma secondo il quale, la Madonna, al termine della sua vita terrena fu accolta in paradiso in anima e corpo, assioma che è parte integrante – oltre che della fede della Chiesa cattolica – anche delle Chiese ortodosse.

Maria, la “tutta bella” ha ispirato gli artisti di ogni epoca, l’assoluta, unica ed indescrivibile Bellezza della Madonna è sempre stata confermata da chi ne ha ricevuto l’apparizione, la beltà di Maria è profonda perché senza macchia e perché, l’Assunta, è il riflesso della trasparenza di Dio, della Sua fedeltà e del Suo infinito amore che il volto di Maria riflette in tutta la sua inafferrabile Bellezza.

Se la bellezza umana è esigua e labile, la magnificenza di Maria è immortale perché è una Bellezza che scaturisce dalle profondità interiori ed include in sé tutte le beltà dell’intero universo: bontà, grazia, capacità di ascoltare, santità, purezza ed amore incondizionatamente puro, una Bellezza che ha affascinato artisti di ogni genere che alla Madonna hanno intitolato – e continuano a dedicare – pale d’altare, mosaici, affreschi, tele, sculture ed illustrazioni.

Maria ci insegna e ci sprona, ancora e ancora, a non smetter mai di coltivare la sensibilità di meravigliarci, ci esorta a non cessare di ammirare la vera Bellezza, perché è nei valori della cultura del bello che si cela la sola via di riscatto dal male, perché è nella pura Bellezza che vi è la via d’elevazione dello spirito che ci porta a riscoprire il bello nascosto in tutto ciò che ci circonda, perché solo l’Amore è Bellezza e – perciò – preludio della felicità… e Maria è immensamente bella, proprio perché ama illimitatamente ed incondizionatamente.

Ed allora Shambhala: diventiamo, creiamo ed elargiamo arte di bellezzabuon ferragosto!

ANDY WARHOL… I COLORI DELLA REALTÀ

Novantadue anni fa nasceva uno degli artisti più iconici di sempre, personaggio poliedrico e dalla creatività eclettica, Andy Warhol e la sua arte sono famosi in tutto il mondo: è il più conosciuto ed importante esponente della Pop Art e convinto fautore dell’adozione del principio della riproducibilità e della commercializzazione dell’opera d’arte.

Andy Warhol nasce a Pittsburgh in Pennsylvania, nel 1928 da genitori cecoslovacchi immigrati: il padre si spegnerà prematuramente quando Andy è appena quattordicenne, lasciando la famiglia in seri problemi economici per cui la madre si troverà costretta a confezionare fiori di carta per poter mantenere e crescere i tre figli, così – in questo contesto familiare precario e vulnerabile – si comincerà a palesare in Warhol, una personalità fragile tale da causargli esaurimenti nervosi con frequenti ricadute che lo accompagneranno per tutta la vita, ma la Bellezza e l’amore per l’arte lo salveranno.

Dopo essersi laureato in arte pubblicitaria al Carnegie Institute of Technology, si trasferirà a New York e – nella Grande Mela degli anni’50 culla di sogni e fermenti culturali – l’estro creativo di Warhol non passerà inosservato: di giorno Andy farà il pubblicitario per riviste di moda come Vogue e Glamour, di notte, invece, si dedicherà allo sviluppo dei suoi progetti creativi ma, la separazione delle due attività non durerà per molto, perché le due strade si intersecheranno in un’esplosione ingegnosa di immagini con oggetti o soggetti già troppo rappresentati o molto noti, alle quali – però – solo la vena artistica di Warhol, restituirà nuova visibilità e nuovo valore.

Grafico, pittore e regista, Andy Warhol fu un artista a tutto tondo: dal mondo del cinema a quello dell’editoria e del giornalismo passando dalla musica alla televisione, il genio di Warhol invase tutti i settori dell’arte, raccontando – senza giudicare – i miti ed i simboli della società consumistica perché davvero interessato a rapportarsi con la realtà che lo circondava, ma con uno sguardo distaccato così da ribaltarne la percezione comune, seppur mostrandoci come ogni cosa, situazione o persona fosse davvero in verità.

Queen Elizabeth II Of The United Kingdom

Le immagini scelte da Warhol erano attinte dalla cultura di massa americana e poi elaborate in serie, reinterpretate secondo il linguaggio della Pop Art (“Popular Art” o “Arte del o per il Popolo“ – n.d.r.) atto a sottolineare l’omologazione della società consumistica con un’arte che doveva essere anch’essa consumata, esattamente come tutti i prodotti commerciali: così – Warhol – annulla il concetto di unicità dell’opera d’arte, lui non ama creare pezzi unici, per Andy le immagini sono prodotti, beni da consumare come gli oggetti che immortalano ma in cui non si deve riconoscere la mano dell’artista.

Eppure – nonostante odiasse la notorietà e l’individualità di un artista – la sua creatività geniale ed eclettica fu talmente apprezzata che si ritroverà, suo malgrado, ad essere ritenuto una star al punto che vedersi immortalati nei suoi colorati ritratti in serie, diverrà ben presto un riconoscimento imprescindibile di successo cui ambivano tutti i Vip del tempo: la fama di Warhol continuerà a crescere, le sue opere fanno il giro del globo e lui divenne l’artista più quotato al mondo.

Andy Warhol è stato e continua ad essere, il massimo esponente della Pop Art, nella serialità delle immagini che si ripetono in modo ossessivo a denuncia di una società ormai soggiogata dal consumismo, Warhol documenta il cambiamento di valori ed il dilagarsi dell’usa e getta in un continuo prevalere dell’apparenza e della corsa all’accumulo di beni, a discapito dell’unicità dell’imperfetta vera Bellezza.

Non a caso – nelle icone e nei miti che i mass media ed i social diffondono – vediamo riflessi i nostri bisogni schiacciati dal peso di un’omologazione che appiattisce e che, la Pop Art, reinterpreta proprio nella riproduzione in serie di personaggi noti idolatrati dai media che affibbiano, a ciascuno, un’identità ben definita, così da rendere gli stessi esseri umani oggetto del consumo di massa perdendo la propria identità: un’opera, un personaggio od un prodotto diviene artistico nella sua banalità “solamente” perché è potentemente presente nella quotidianità mediatica e sociale.

Audrey Hepburn

La genialità di Andy Warhol è riassunta nel suo pensiero profetico per cui diceva che “tutti saranno famosi per quindici minuti”, ed infatti, oggi, sappiamo che chiunque può avere un momento di celebrità, nella smania dilagante d’essere “qualcuno” – sia pur per poco – a discapito di quell’essere armoniosa essenza di Bellezza in tutti coloro che l’ammirano, perché la vera Bellezza deve essere imperfetta e “mai” priva di un reale coinvolgimento emotivo.

“Se volete sapere tutto su Andy Warhol basta guardare alla superficie dei miei dipinti e di me stesso: io sono lì, non c’è niente dietro”. (Andy Warhol)