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DILLO CON UN FIORE…

La Bellezza dei Fiori – che ha da sempre suscitato l’interesse di artisti d’ogni genere, affascinati dalle loro infinite forme, colori e sfumature – include, anche, il loro linguaggio: un modo di comunicare parecchio in voga nell’Ottocento, un gergo molto sfruttato per esprimere sensazioni impronunciabili ed indescrivibili a parole, ma, sin da tempi remoti, passando dal Medioevo sino al Rinascimento, la florigrafia era molto utilizzata e considerata persino nella religione, allora a piante e fiori era attribuito un significato morale oltre che simbolico.

L’introduzione e la diffusione del linguaggio floreale, si deve alla moglie di un ambasciatore inglese a Costantinopoli: dopo che ebbe soggiornato nella capitale turca tra il 1716 ed il 1718, la Signora – Mary Wortley Montagu – restò affascinata dall’usanza locale d’assegnare significati simbolici a qualunque cosa od oggetto e, soprattutto, a fiori, frutti e piante: era la cultura del selam.

I fiori col loro ciclo vitale, sono in perfetta simmetria con la vita dell’uomo, essi – infatti – si seminano (concepimento), germinano (nascita), sbocciano (crescita) e poi appassiscono (morte), inoltre hanno una valenza comunicativa importantissima tanto da essere considerati metafore dei vizi e delle virtù umane per cui – nella cultura classica – a molti fiori e piante venivano, addirittura, associate delle divinità come nel mito di Narciso.

Il linguaggio proprio dei fiori e delle piante ha visto il suo massimo sviluppo nell’Ottocento, quando le sfumature del gergo bucolico erano molto adoperate per “parlare” dei sentimenti, la bellezza di quest’arte di comunicare attecchì e propagò velocemente, diffusione che diede il via ad un’editoria specializzata nei cosiddetti “flower books”: libri accuratamente illustrati con litografie ed incisioni stilistiche ricercate.

Eppure – nonostante sia diffuso il pensiero di “dire con un fiore” – la florigrafia va quasi scomparendo, per assurdo, nell’era della comunicazione e della spasmodica ricerca di effimeri canoni di bellezza costruiti o presunti, è la vera Bellezza ad essere sempre più dimenticata: il linguaggio dei fiori è un’enorme patrimonio d’armoniosa reale bellezza, perché, con i fiori, è possibile esprimere qualsivoglia emozione e/o sentimento, pure l’indescrivibile ha nella florigrafia il simbolo giusto per far arrivare con dolcezza ed elegantemente, l’esatto messaggio che si vuol inviare.

Donare o ricevere un fiore, significa trasmettere Bellezza, il fiore giusto per ogni occasione è un linguaggio raffinato e ricco di colori, sfumature e profumi, è un risvegliare sensi e sentimenti, è un arricchimento dell’anima, perché il linguaggio floreale è universalmente unico e potentemente bello, ma – anche in questo caso – è necessario allenarsi ad imparare Bellezza, è un principio culturale da non lasciar sfiorire, perciò, diventiamo, creiamo ed elargiamo arte di bellezza sempre e dovunque… anche con un fiore.

“I fiori e la solitudine e la natura
non ci deludono mai;
non chiedono nulla
e ci confortano sempre.”
(Stella Gibbons)

GLI ALTRI SIAMO NOI

Ho inaugurato il viaggio tra le Poesie in Musica con la mia Canzone preferita in assoluto, ovvero Strangers in the Night di Frank Sinatra ma, adesso, vorrei porre l’attenzione sul brano “Gli Altri Siamo Noi” scritta dal duo Bigazzi-Tozzi e presentato al  Festival di Sanremo del 1991 proprio da Umberto Tozzi: la canzone – che fu considerata la vincitrice morale della kermesse sanremese – si piazzò al quarto posto, ma il forte impatto emozionale ed il consenso che ebbe sul pubblico fu poi premiato dal terzo posto nelle classifiche italiane di vendita e consacrato da un multi platino per l’album omonimo, oltre che ad essere stato anche uno dei brani più gettonati dalle emittenti radiofoniche.

In un periodo storico particolarmente complicato e difficile come quello corrente, “Gli Altri Siamo Noi” è più che mai attuale poiché parla di immigrazione e della Bellezza dell’accettazione delle differenze tra i popoli, un brano che ci invita alla tolleranza esponendo gli spigolosi temi del razzismo e della sempre difficile integrazione extracomunitaria, problemi contemporanei allora come fortemente in atto oggi, perché l’emergenza sanitaria del momento ci ha reso consci di quanto vi sia una assai scarsa considerazione dell’altro, eppure “essere straniero” è parte essenziale dell’esperienza e della Bellezza della vita d’ogni essere umano e, nel rifiuto dell’altro, vi è anche – e soprattutto – il diniego dell’introspezione in noi stessi.

L’altro è diverso da noi, ma è questa diversità che ci arricchisce, perché la vera nuda Bellezza è una questione di cultura, di conoscenza  e di voler riuscire ad imparare a conoscersi per capire e valorizzare l’unicità dell’altro e di ognuno, perché, in fondo, l’altro ci è indispensabile nella vita d’ogni giorno ed anche perché l’altro ha gli stessi nostri bisogni ed un cuore che soffre al pari del nostro e perché gli occhi degli altri sono specchi nei quali ci riflettiamo e ci riconosciamo: “insieme agli altri facciamo le città, come e con gli altri usciamo, partiamo ed arriviamo e – come gli altri – preghiamo, che sia in Chiesa od in una Moschea, siamo tutti paritariamente vittime e carnefici in un modo rimpicciolito dalla globalizzazione, siamo noi gli altri che piangono, sorridono, sparano o sperano”.

Se è vero che la musica esiste da quando esiste l’uomo, se è possibile che una canzone possa aprire la coscienza, è altresì  reale che il contenuto emozionale di un brano musicale prescinde il tempo, la razza e la cultura sino a rompere il muro dei preconcetti, per ritrovare quell’armoniosa Bellezza intrinseca in noi e nell’altro, così da saper ritrovarla in tutto ciò che ci circonda… perché tanto, prima o poi – almeno una volta nella vita – l’altro siamo stati o saremo noi, perché essere nati dalla parte “giusta” è solo un caso.

Ci somigliano angeli avvoltoi, i muri vanno giù al soffio di un’idea, Allah come Gesù in chiesa o dentro una moschea… E gli altri siamo noi ma qui sulla stessa via, vigliaccamente eroi noi che stiamo in comodi deserti di appartamenti e di tranquillità, lontani dagli altri ma tanto prima o poi gli altri siamo noi… siamo noi.”

Galante Mente…

Caro Signore,
col tempo – anche lei – come tutto ciò che viene considerato ormai obsoleto, è stato messo da parte e relegato in un angolo, abbandonato da quasi tutti e considerato inutile dai più.

David Gandy – Modello D&G, iconico Gentleman

L’eleganza di cui lei si faceva testimone e portavoce mi ha sempre attratta, ma – verosimilmente – io sono antica quanto lei, mentre, la società odierna preferisce il moderno sempre più nuovo e non importa, se il nuovo stile di vita, sia poi soltanto un ritorno alle origini più barbare e di cattivo gusto di tutte le epoche passate in un unico insieme, un frullato scolorito e dal gusto amaro che si beve perché di moda e non per gradimento.

Ma può mai considerarsi superfluo e antiquato un sapere ed esemplare modello di vita e savoirfaire come il suo?

Nell’epoca attuale, ove ciò che appare è molto più considerevole e considerato della sostanza, perfino lei che – paradossalmente – dovrebbe esser più apprezzato proprio nell’era dell’apparire, è stato invece dimenticato perché non ammette deroghe e variabili di comodo a seconda delle necessità od opportunità del momento e non è possibile prescinderla alla moralità.

Voglio credere di poterla sapere nuovamente in auge – e ai tempi migliori del suo massimo splendore e di delicata Bellezza – e così incontrarla, di tanto in tanto, sulla mia e di altri strada e – magari – assieme a   qualcuno di quei suoi cari vecchi amici anch’essi dispersi… a presto (mi auguro) Monsieur Galateo.

“LA BELLEZZA SALVERÀ IL MONDO…” (Fëdor Dostoevskij)

Per definizione la Bellezza è la qualità di ciò che appare o è ritenuto bello ai sensi e all’anima ovvero – etimologicamente – la connessione tra l’idea di bello e quella di bene: il latino bellus cioè “bello” è diminutivo di una forma antica di bonus ossia “buono”.

La Bellezza in ogni sua forma è un concetto molto ampio e parecchio studiato e dibattuto da sempre e da ogni scienza, sfera e campo e nessuno ancora – ad oggi – è riuscito a concepire una definizione di bellezza universalmente valida per tutti gli individui ed i popoli senza distinzione alcuna nonché trasversale ad ogni epoca storica, ma, senza dubbio, si è finalmente giunti a dimostrare scientificamente che il nostro sistema encefalico ha alcune aree che reagiscono alla bellezza, tecnicamente in una specifica zona del cervello, appare un maggiore afflusso di sangue tale da farci percepire questo cambiamento.

Vi è dunque una maggiore e diversa attività nelle aree visive ed in una parte del cervello emozionale che appare direttamente correlata alla bellezza, quindi quanto più forte è l’esperienza estetica della bellezza, tanto più si attiverà quest’area che – generalmente – si avvia quando si vive un qualcosa di gratificante o piacevole, perciò il “bello” non può essere spiacevole, ma è sempre – in un modo o in un altro – appagante.

Se per Kant il bello è ciò che è oggetto di un piacere disinteressato, che “piace universalmente senza concetto”, che esprime una finalità percepita senza la rappresentazione di uno scopo e che suscita un “piacere necessario” e se per Darwin la base della bellezza è l’attrazione sessuale, è la definizione che ne dà Stendhal a racchiuderne il senso più profondo descrivendo la bellezza come preludio della felicità.

Nella sua accezione più alta, la bellezza nuda ed alta, genera un senso di riflessione benevola sul significato della propria esistenza divenendo una via di elevazione dello spirito facendo riscoprire il bello nascosto in tutto ciò che ci circonda e così come ci sono cose o persone che non si percepiscono immediatamente nella loro bellezza, ma che diventano tali poi ai nostri occhi col tempo, mentre altre perdono la loro bellezza dopo un po’, allo stesso modo è possibile addestrare la nostra mente a vedere un qualcosa come bello imparando a riconoscerla e sentirla, perché la bellezza è accessibile a tutti nella continua melodia suonata da Natura ed Universo ma che sta a noi cogliere e narrare come ad un fiore nel deserto, un gesto, un sorriso o l’alba ed il tramonto.

E poi c’è la Bellezza personale, quella dell’essere “unici” ed inimitabili anche nello stile ma – anche in questo caso – non è solo una qualità innata (di poche/i  fortunati N.d.R.) od una pura faccenda di gusto, è una questione di cultura, di conoscenza  e di voler riuscire ad imparare a conoscersi per capire e valorizzare l’unicità dei supposti difetti di ciascuno, scegliere, mixare o creare uno stile personale che faccia sentire ed essere elegantemente a proprio agio e che – soprattutto – sia rivelatore della propria personalità.

La sinossi di tutto quanto è che il chiaroscuro dell’arte e dell’essere e vivere con stile nella luce elegante dell’infinito, è perciò la Nuda Bellezza come prologo alla felicità del vivere la vita come fosse un’opera d’arte… quel bisogno ancestrale di ogni individuo di “risolversi trovando sé stesso” nella bellezza del proprio “io” per poi saper ritrovarla in tutto ciò che lo circonda in armonia con l’universo ed, allora, perché la bellezza sia davvero promessa e preludio indistintamente della felicità di ciascuno, diventiamo, creiamo ed elargiamo arte di bellezzaShambhala!