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“IL SUONO DELLA DOMENICA…”

La Domenica è una musica antica, una canzone diversa per ciascun individuo ma – per tutti – è quel posto di suoni e profumi antichi che ci portiamo nel cuore sempre ed ovunque: la domenica non è un giorno ma un’emozione, un sentimento che, in questi giorni di pandemia, è anche divenuta un simbolo di rinascita: quando ritornerà ad essere domenica?

Se lo è chiesto anche Zucchero nei duri giorni di lockdown della scorsa primavera, e lo ha fatto con una bella e struggente canzone con la quale racconta le domeniche di paese con un tuffo nelle speranze, nei profumi e nei suoni domenicali: atmosfere, incontri e ricorrenze quasi dimenticate, ma che – forse (lo spero fortemente) – questo periodo storico così difficile, ci insegnerà a rivalutare e ritrovare… che suono fa la domenica da voi?

Tu sai di me, io so di te
ma il suono della domenica dov’è…
Al mio paese vedo fiorire il buono,
le botte prese non le hanno rese mai,
al mio paese… che suono fa la domenica da te…

Zucchero – Il Suono Della Domenica (Live Acoustic)

DILLO CON UN FIORE…

La Bellezza dei Fiori – che ha da sempre suscitato l’interesse di artisti d’ogni genere, affascinati dalle loro infinite forme, colori e sfumature – include, anche, il loro linguaggio: un modo di comunicare parecchio in voga nell’Ottocento, un gergo molto sfruttato per esprimere sensazioni impronunciabili ed indescrivibili a parole, ma, sin da tempi remoti, passando dal Medioevo sino al Rinascimento, la florigrafia era molto utilizzata e considerata persino nella religione, allora a piante e fiori era attribuito un significato morale oltre che simbolico.

L’introduzione e la diffusione del linguaggio floreale, si deve alla moglie di un ambasciatore inglese a Costantinopoli: dopo che ebbe soggiornato nella capitale turca tra il 1716 ed il 1718, la Signora – Mary Wortley Montagu – restò affascinata dall’usanza locale d’assegnare significati simbolici a qualunque cosa od oggetto e, soprattutto, a fiori, frutti e piante: era la cultura del selam.

I fiori col loro ciclo vitale, sono in perfetta simmetria con la vita dell’uomo, essi – infatti – si seminano (concepimento), germinano (nascita), sbocciano (crescita) e poi appassiscono (morte), inoltre hanno una valenza comunicativa importantissima tanto da essere considerati metafore dei vizi e delle virtù umane per cui – nella cultura classica – a molti fiori e piante venivano, addirittura, associate delle divinità come nel mito di Narciso.

Il linguaggio proprio dei fiori e delle piante ha visto il suo massimo sviluppo nell’Ottocento, quando le sfumature del gergo bucolico erano molto adoperate per “parlare” dei sentimenti, la bellezza di quest’arte di comunicare attecchì e propagò velocemente, diffusione che diede il via ad un’editoria specializzata nei cosiddetti “flower books”: libri accuratamente illustrati con litografie ed incisioni stilistiche ricercate.

Eppure – nonostante sia diffuso il pensiero di “dire con un fiore” – la florigrafia va quasi scomparendo, per assurdo, nell’era della comunicazione e della spasmodica ricerca di effimeri canoni di bellezza costruiti o presunti, è la vera Bellezza ad essere sempre più dimenticata: il linguaggio dei fiori è un’enorme patrimonio d’armoniosa reale bellezza, perché, con i fiori, è possibile esprimere qualsivoglia emozione e/o sentimento, pure l’indescrivibile ha nella florigrafia il simbolo giusto per far arrivare con dolcezza ed elegantemente, l’esatto messaggio che si vuol inviare.

Donare o ricevere un fiore, significa trasmettere Bellezza, il fiore giusto per ogni occasione è un linguaggio raffinato e ricco di colori, sfumature e profumi, è un risvegliare sensi e sentimenti, è un arricchimento dell’anima, perché il linguaggio floreale è universalmente unico e potentemente bello, ma – anche in questo caso – è necessario allenarsi ad imparare Bellezza, è un principio culturale da non lasciar sfiorire, perciò, diventiamo, creiamo ed elargiamo arte di bellezza sempre e dovunque… anche con un fiore.

“I fiori e la solitudine e la natura
non ci deludono mai;
non chiedono nulla
e ci confortano sempre.”
(Stella Gibbons)

“CI SONO FIORI DAPPERTUTTO… PER CHI È CAPACE DI VEDERLI.” (MATISSE)

La Bellezza dei Fiori è indiscutibile, se poi i loro colori e la loro leggerezza incontrano la tavolozza di un pittore e la creatività di un artista, allora possono nascere capolavori dalle raffinate atmosfere bucoliche e di raffinata Bellezza.

I Fiori hanno da sempre suscitato l’interesse di poeti, fotografi, filosofi ed artisti che non avrebbero mai potuto rimanere indifferenti alle loro infinite forme, colori e sfumature pur interpretandoli ognuno in modo diverso e – così – sin dai tempi antichi e nelle diverse culture, hanno affascinato prepotentemente  e – nonostante la Natura Morta nacque come genere minore rispetto alle correnti consolidate della pittura religiosa o mitologica – nel tempo hanno guadagnato spazio innalzandosi a simboli sacri, elementi essenziali di culto o protagonisti di studi scientifici, sino a divenire soggetti esclusivi di opere d’arte e non solo.

Risale all’antico Egitto la prima raffigurazione di un fiore, il loto blu che – nelle pitture murali delle tombe egizie – rappresentava l’infiorescenza che riemerge e si dischiude ogni mattino, simbolo del Sole e di rinascita e, mentre gli antichi Romani amavano riempire le domus di Piante e Fiori affrescati sulle pareti, nel Medioevo l’arte floreale si tramuta in forme meno naturali, sino ad essere poi associati – nella cultura classica – a divinità od a essere metafore di vizi e virtù umane oltre che citati nei testi religiosi attribuendo a piante e fiori significati simbolici.

“Canestra di Frutta” – Michelangelo Merisi Caravaggio

Il primo a creare una vera e propria opera d’arte con soggetto esclusivamente floreale, fu il fiammingo Hans Memling che nel 1490 dipinge “un vaso di fiori” e, da qui –  passando per “il vaso con gigli” di Ludger Tom Ring – ci sarà un crescente proliferare di nature morte che, la celeberrima “canestra di frutta” del Caravaggio, consacrerà ad elemento essenziale al pari della figura umana.

Puzzle Paintings by Igor Levashov

Dal seicento in poi, la Bellezza dei Fiori non sarà più solo e puramente decoratrice, ma incominceranno ad essere – finalmentesoggetti artistici vivi oltre che veicoli di messaggi e significati, perché anche i Fiori hanno un loro speciale linguaggio di armonia e bellezza che aspetta d’essere colto.

Il Bacio di Hayez…

Il Bacio di Hayez – Prima Versione 1859

Voglio iniziare il mio personalissimo viaggio nell’arte che amo particolarmente, raccontando una delle immagini più rappresentative e famose del Romanticismo e della celebrazione dell’Amore: “Il bacio di Hayez”, ovvero il dipinto che più di qualsiasi altro raffigura il bacio per antonomasia.

Su uno sfondo neutro, quasi anonimo ma con un sapiente gioco di ombre e luci dall’ambientazione vagamente medievale, i soggetti sono due giovani innamorati impegnati in un  appassionato bacio: il ragazzo col berretto calato sugli occhi ed il viso in ombra – ha un pugnale nella cintura ed è coperto da un mantello e dà idea d’essere un militare od un rivoluzionario; la ragazza, dai lunghi capelli corvini, indossa un lungo abito di raso color celeste polvere che lascia intendere l’appartenenza ad una classe sociale medio alta.

Il Bacio di Hayez – Seconda Versione 1861

La coppia si trova ai piedi di una scalinata e, mentre il ragazzo ha un piede su uno scalino come preparato a scappare e rende il dipinto quasi un frame pronto al play, la ragazza – di contro – pare quasi immobile, col corpo arcuato e completamente abbandonato, sorretto dalla mano che abbraccia l’amato ma al quale sembra invece aggrapparsi.

Certamente in quel connubio appassionato tra bacio ed abbraccio che sembrano non finire mai, si percepisce una forte carica di sensualità tale da essere considerato la raffigurazione esemplare dell’amore, degli innamorati e degli amanti, ma – “Il bacio di Hayez” – è anche il simbolo allegorico delle vicende civili e storiche del tempo: commissionato all’artista dal Conte Alfonso Maria Visconti di Saliceto, voleva essere una seminascosta allusione politica agli ideali del Risorgimento, l’idea era che descrivesse le speranze di un’alleanza politica tra il Regno di Sardegna e la Francia: così il verde del mantello e la calzamaglia rossa di lui rappresenta l’Italia, mentre l’azzurro del vestito di lei simboleggia la Francia, ovvero l’incontro tra due nazioni alleate per liberare il Regno Lombardo Veneto dagli Austriaci, la libertà siglata con un bacio.

Il Bacio di Hayez – Terza Versione 1867

Nella cornice di un paesaggio medioevale dal sapore malinconico, si respirano idee, suggestioni, umori e fermenti ribollenti del tempo, racchiusi tutti in un fervido bacio quasi sfuggente, l’addio tra due amanti che si separano – forse per sempre – rinchiusi in quell’abbraccio sensuale dei due giovani appassionatamente avvinghiati in un bacio che è da sempre espressione della bellezza dell’amore.

Il bacio di Hayez è – quindi – un’opera – che viaggia su due linee, così mentre da un lato simboleggia il forte sentimento patriottico e dell’amore per un’Italia ancora da fare, in quel Risorgimento Italiano ricco di esempi culturali impegnati attivamente nella vita sociopolitica del tempo, dall’altro è l’emblema dell’amore assoluto nonostante tutto  e quindi la partenza e la lontananza per la guerra, il rischio di esilio e di morte, e malgrado tutti, nonché la differenza di classi sociali, il tradimento e la cospirazione, ma che – nell’insieme – è la fotografia di tante storie personali e famigliari del tempo: la dolorosa separazione tra due innamorati causa il forte senso del dovere condiviso  e molto sentito in quegli anni per la difesa della propria patria, in antitesi con la libertà del sentimento individuale e l’eterno legame tra amore e morte tra le costrizioni sociali.

Il Bacio di Hayez e Il Bacio nel Film Senso

Del Bacio di Hayez esistono tre versioni: la prima versione dell’opera che è anche la più famosa, si trova presso la Pinacoteca di Brera a Milano a cui la offrì il Conte che la commissionò dopo averla tenuta nella propria dimora, mentre la seconda e la terza appartengono a Collezioni Private.

Nella seconda, Hayez sostituisce l’azzurro della veste della ragazza con il neutro bianco, come dichiarazione d’amore patriottico per l’avvenuta e tanto agognata Unità d’Italia, nella terza – e la più amata da Hayez che non la cedette mai e la tenne con se sino alla morte – viene aggiunto, rispetto alla prima versione,  un drappo bianco disteso in modo irregolare lungo la gradinata, come se scivolato inaspettatamente  dalle spalle della giovane amante e che,  assieme all’azzurro delle veste femminile, al verde del risvolto del mantello dell’uomo e al rosso squillante della sua calzamaglia, alludono ai due tricolori italiani e francesi.

Il bacio di Hayez è uno dei più famosi e riprodotti, copiati ed omaggiati dipinti italiani, è un’opera di considerevole Bellezza ed ispirazione per tanti ed in ogni forma artistica, come lo fu per il famoso bacio dei protagonisti di “Senso”, l’unico film neorealista del grande Luchino Visconti… ma questo sarà tutto un altro post nonché, un’altra storia di Bellezza.